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lunedì 17 settembre 2018

Recensione "Il grande inverno" di Kristin Hannah

Cari amici lettori,

oggi vi parlo de IL GRANDE INVERNO di Kristin Hannah, uscito il 4 settembre per Mondadori. Una storia corale di scelte di vita azzardate, straordinarie e agghiaccianti, che portano felicità e dolore, raccontate e vissute dagli occhi di una giovane ragazza cresciuta troppo in fretta per la sua età: Leni… 



Titolo: Il grande inverno
Autrice: Kristin Hannah
Editore: Mondadori
Genere: Narrativa contemporanea
Uscita: 4 settembre
Pagine: 456



Quando Ernt Allbright torna dalla guerra del Vietnam è un uomo profondamente instabile. Dopo aver perso l’ennesimo posto di lavoro, prende una decisione impulsiva: trasferirsi con tutta la famiglia nella selvaggia Alaska, l’ultima frontiera americana, e cominciare una nuova vita. Sua figlia Leni, tredici anni, è nel pieno del tumulto adolescenziale: soffre per i continui litigi dei genitori e spera che questo cambiamento porti a tutti un futuro migliore. Mentre Cora, sua moglie, è pronta a fare qualsiasi cosa per l’uomo che ama, anche se questo vuol dire seguirlo in un’avventura sconosciuta. All’inizio l’Alaska sembra la risposta ai loro bisogni: in un remoto paesino, gli All­bright si uniscono a una comunità di uomini e donne estremamente temprati, fieri di essere autosufficienti in un territorio così ostile. Però quando l’inverno avanza e il buio invade ogni cosa, il fragile stato mentale di Ernt peggiora e il delicato equilibrio della famiglia comincia a vacillare. Ora, i tanto temuti pericoli esterni – il ghiaccio, la mancanza di provviste, gli orsi – sembrano nulla in confronto alle minacce che provengono dall’interno del loro nucleo famigliare. Chiusi in un rifugio angusto, ricoperto di neve e immerso in una notte che può durare fino a diciotto ore, Leni e sua madre devono affrontare una cruda verità: sono sole. In quel luogo feroce, ai confini del mondo, non c’è nessuno che possa salvarle.



Seconda esperienza per me con Kristin Hannah, della quale ho adorato profondamente "L’Usignolo" e, una volta saputo l’uscita del suo nuovo romanzo, non ci ho pensato due volte a catapultarmi in questa nuova avventura. Questa volta l’autrice ci porta ai confini del mondo, esattamente a Kaneq, nell’Alaska del 1974. La storia ci viene raccontata dalla giovanissima protagonista Leni, che si sta trasferendo nel posto più remoto della terra con la sua famiglia. Una scelta imposta a Leni da suo padre, che viene assecondato da sua moglie per andare alla ricerca della felicità, di una nuova vita, lontana dal caos, dalla tristezza e senza nessun tipo di motivazioni.



"In Alaska non ha alcuna importanza ciò che eravate prima; qui conta soltanto ciò che diventate. Siete in una terra selvaggia, ragazze. Questa non è una favola né una fiaba. Ed è tosta. Presto arriverà l’inverno e, credetemi, un inverno così non l’avete mai provato." 

Siamo alla fine della guerra del Vietnam, ma sembra che gli orrori e le tragedie che ne comporta, incombano ancora sulla famiglia di Leni e soprattutto su suo padre, che la guerra ha reso un uomo distrutto, compromettendone la sua interezza. Il conflitto lo ha cambiato inesorabilmente, rendendolo vulnerabile, debilitato, fragile, terrorizzato e, purtroppo, violento e instabile. Decidono quindi di partire per una terra selvaggia e inospitale come l’Alaska, in cui la famiglia Allbright ha ereditato una proprietà e sembra proprio il posto ideale per ricominciare e darsi un’altra possibilità. 



Le difficoltà iniziano subito al loro arrivo e Leni e sua madre si rendono conto che in quel posto non sarà facile vivere. Anche se colmo di bellezza e di panorami da mozzare il fiato, le difficoltà saranno enormi. Il loro umore è in netto contrasto con l’entusiasmo del padre, che invece vede in quel luogo il posto perfetto per una casa. In effetti, non è la prima volta che gli Allbright si trasferiscono, sempre con la voglia continua di trovare nuove situazioni e cambiamenti; ma tutto questo non li ha mai portati ad avere una stabilità economica, vivendo quasi sempre in modo disagiato. In Alaska sembra non andare diversamente, anche se i genitori di Leni le ripetono che tutto andrà per il meglio.

Con l’arrivo dell’inverno e con le mille difficoltà che ne comporta, la vita si fa sempre più dura, anche perché sembra che gli incubi che da tempo hanno tormentato le notti del padre di Leni, siano ritornati rendendolo ancora di più aggressivo e paranoico. 



Leni trova conforto in sua madre, una donna troppo innamorata di suo marito per poterlo abbandonare, con cui ha un bellissimo rapporto, tanto da essere un’unica cosa. Un legame così forte e unico che darà a entrambe la forza e il coraggio per andare avanti nell’affrontare una nuova vita in quel posto magnifico e allo stesso tempo spietato che è l’Alaska; un luogo dove tante persone decidono di andare per inseguire un sogno o scappare da qualcosa che non gli appartiene più. Inoltre, Leni può contare sui suoi libri e sulla sua passione per la fotografia, e in questo luogo così accidentato, troverà qualcosa che non si sarebbe mai aspettata: Matthew. Lui sarà per Leni la sua àncora di salvezza a cui aggrapparsi tenacemente quando la vita quotidiana la mette davanti a dure prove. Pian piano, quest’amicizia inizia ad andare oltre, mutando in un sentimento puro e immenso come l’amore.



“Il suo sorriso in un certo senso la risvegliò, ricordandole che nella vita non c’era soltanto il lavoro. Matthew le insegnò qualcosa di nuovo sull’amicizia, ovvero che ricominciava esattamente nel punto in cui si era interrotta, come se la lontananza non fosse mai esistita.” 

E anche questa volta, Kristin Hannah ha fatto centro. Un romanzo davvero sorprendente in grado di scaturire emozioni contrastanti. Mi ha fatto sentire viva, perché è una storia colma di amore e di angoscia, di momenti commoventi e di altri sorprendenti. E sapevo che avrei trovato anche in questa storia, come in L’Usignolo, due giovani donne forti, determinate, ma soprattutto coraggiose, che non si arrendono davanti a nulla, nemmeno a quello che l’Alaska dona e toglie. Un libro che ti circonda e che ti fa sentire protagonista della storia, che ti fa vivere e respirare quella natura ancora incontaminata che solo L’Alaska sa dare. Un’ambientazione descritta minuziosamente, dalle sfumature uniche e inebrianti che ti fanno entrare completamente nella storia, così come la caratterizzazione dei personaggi, con i quali riesci a immedesimarti sin da subito. Soprattutto con Leni, questa giovane ragazza prima e donna poi, che ci avvolge con le sue parole e ci parla a cuore aperto. E per Leni ho provato davvero tanto dispiacere e incredulità per tutte le atrocità e i pericoli che si ritrova a vivere in quel villaggio, ma che allo stesso tempo la forgerà, rendendola più coraggiosa e forte giorno dopo giorno. Avrei voluta prenderla per mano o sostenerla in qualche modo, tanto è viva in questa storia, soprattutto nel momento in cui è stata messa di fronte a scelte più grandi di lei che le causeranno dolore e sofferenza. E solo la forza dirompente dell’amore riuscirà a colmare in Leni tutti i tormenti e riuscire a trovare finalmente una casa.



“Per quei pochi che sono forti, determinati, sognatori come noi, l’Alaska è casa, sempre e per sempre, è il canto che senti quando il mondo è placido e silenzioso. O appartieni a questo posto, a sua volta selvaggio e ribelle, oppure no. Io vi appartengo.” 


Dal dispiacere per Leni alla rabbia assoluta nei confronti di Ernt, suo padre e Cora, sua madre. Un rapporto, il loro, malato, atroce e crudele. L’autrice infatti, affronta argomenti molto forti e di impatto come solo possono essere la violenza domestica e quello che oggi viene chiamato disordine da stress post-traumatico e la depressione. Inoltre, l’autrice si sofferma e ci fa riflettere sulla grande difficoltà dei rapporti tra le persone, contorti, problematici e a volte anche incomprensibili. Per questo, gli stessi personaggi sono complessi e ti suscitano sensazioni contrastanti; come ho scritto sopra, si arriva al punto di odiare Ernt, ma poi ti rendi conto che soffre di una malattia mentale che all’epoca non era poi così conosciuta. Ti arrabbi con Cora, per i suoi atteggiamenti e poi ti stringe il cuore, perché vittima di violenza.
“Leni non riusciva a comprendere i come e i perché dell’amore tra i suoi genitori. Era abbastanza adulta da vedere la superficie turbolenta, ma troppo giovane per capire cosa ci fosse sotto.” 

Ed è il grande legame madre-figlia che viene fuori da queste pagine, forte e tangibile che rende tutta la storia ancora più toccante. Unite insieme riusciranno ad affrontare il lavoro massacrante, i pericoli che quella terra può dare e tutto il subbuglio che devono vivere in casa. Per tutti questi motivi, Leni dovrà imparare ad adattarsi e, soprattutto, a crescere in fretta. 



Ben caratterizzati anche i personaggi secondari, fondamentali e incomparabili come Large Marge, una donna tutta d’un pezzo, dalla personalità possente e difficile da intimorire. Io l’ho adorata!!!!

Una storia emozionante, vigorosa, di sopravvivenza, con una trama avvincente piena di colpi di scena, che ti spezza il cuore. L’autrice è riuscita a mettere a nudo le tragedie della guerra e su come si ripercuotono nell’anima delle persone. Ci fa conoscere la storia di famiglie spezzate con sogni irrealizzati e fa vivere i profondi cambiamenti che avvengono dentro Leni. E’ un romanzo dove il potere dei sentimenti fa da padrone ed è un continuo crescendo di tensione, pagina dopo pagina, rendendo la lettura notevole, suggestiva e divorante. 















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