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giovedì 13 settembre 2018

Recensione "La Prigioniera" di Debra Jo Immergut

Cari amici lettori,

oggi vi parlo del thriller LA PRIGIONIERA di Debra Jo Immergut, uscito il 30 agosto grazie alla Corbaccio . La storia tormentata di due persone perdute che, dopo anni, si ritrovano e dovranno fare i conti con l’esplosione smaniosa di un sentimento, nato in una luogo tetro e non apprezzabile come la prigione…



Titolo: La Prigioniera
Autrice: Debra Jo Immergut
Editore: Corbaccio
Genere: Thriller psicologico
Uscita: 30 agosto
Pagine: 300, cartonato



Due voci, un uomo e una donna, si alternano nel raccontare la loro storia. La storia che li ha portati dove sono adesso: in carcere. Frank come psicologo, Miranda come detenuta. Si erano già conosciuti ai tempi del liceo, quando Frank si era infatuato di questa ragazza, schiva e misteriosa e che neanche si era accorta di lui.
Non è inconsueto incontrare casualmente una persona che ci ha fatto perdere la testa tanti anni prima. Di solito la vecchia passione si ridimensiona, più raramente si riaccende. Qui però la situazione è fortemente anomala. Il luogo, la prigione, è claustrofobico, la realtà che si vive è rarefatta e distorta. La relazione tra Frank e Miranda non può essere normale, eppure non è affatto chiaro chi dei due dipenda dall’altro, chi sia libero e chi non lo sia. E il passato, che si disvela a poco a poco coinvolgendo non solo i due protagonisti ma, per cerchi concentrici, le famiglie, i genitori e tutte le persone che fanno parte della loro vita, è un concatenarsi di eventi che ineluttabilmente li portano proprio dove sono adesso. Con un carico di emozioni, di frustrazioni, di passioni che non si sa che strada prenderanno: verso la salvezza? O verso la distruzione?
La prigioniera è un romanzo che parla di bene e di male, e di come bene e male siano ripartiti in ugual misura dentro tutti noi. In questo senso è un libro universale: i protagonisti sono persone normali, che vivono, sbagliano e tentano di riscattarsi dagli errori commessi. Persone come noi.


Devo ancora decidere se mi è piaciuto questo libro. Sicuramente, dalla lettura della trama mi aspettavo qualcosa di totalmente diverso; una storia che mi facesse trattenere il respiro, che mi facesse aggrovigliare il cervello… Insomma, tutta una serie di sensazioni che un bel thriller psicologico può suscitare. Non sono alla prima esperienza in fatto di thriller, anzi, ogni tanto ne metto sempre qualcuno in mezzo alle mie letture, come una sorta di pausa dalle storie romantiche, passionali o di narrativa contemporanea. Se poi si tratta in particolare di thriller psicologici, allora mi ci butto ad occhi chiusi. E devo dire che LA PRIGIONIERA mi ha delusa. Vi garantisco che è un thriller psicologico a tutti gli effetti, ma forse di psicologico ha anche troppo. Non ci sono molte azioni o eventi dinamici, anzi, la lettura risulta lenta e a volte confusa, soprattutto quando passato e presente si scontrano. La storia è fondamentalmente basata sui ricordi che ci fanno conoscere le esperienze vissute dei due protagonisti che poi hanno marchiato le loro personalità, portandoli oggi ad essere prigionieri delle loro stesse vite. 



Come avrete già capito, la storia si svolge all’interno di un carcere, dove Frank Lundquist, dopo essere uscito da un fallimento lavorativo a causa di uno scandalo, si ritrova costretto a lavorare come psicologo con i detenuti, nella prigione di Milford Basin. Frank si rende conto che ormai la sua carriera non potrà mai raggiungere il livello di quella di suo padre e, inoltre, si deve anche occupare di suo fratello entrato nel tunnel della droga.

All’interno della prigione, Frank ritrova Miranda, una detenuta che sta tentando in tutti i modi di farla finita, perché ha perso la voglia di andare avanti e ogni possibile speranza di voler rimanere in vita. Frank la riconosce subito: Miranda Greene era la sua ossessione al liceo; ovviamente lei neanche sapeva dell’esistenza di Frank, perché il sentimento non era reciproco. Ora se la ritrova nel suo studio con una condanna per omicidio a cinquantadue anni. Miranda non riconosce Frank e davanti a lui, quella splendida donna che riaccende in lui tutte le emozioni del passato, si presenta rassegnata al suo destino e non particolarmente lucida. Da pochi dati raccolti, Frank capisce che in mezzo a questa condanna ci sia una storia d’amore e inizia a incuriosirsi e a studiare il caso e la stessa Miranda in modo approfondito. Frank però sembra essere vittima del suo cuore, che dopo tanti anni è ritornato a battere furente nel suo petto per Miranda. Il codice deontologico nel suo lavoro, però, vieta di provare qualsiasi tipo di emozione per i pazienti, e impone di assumere una condotta prettamente professionale.





“In realtà è solo una leggenda che uno psicoterapeuta possa ascoltare il paziente con scrupoloso distacco. Gli psicologi, e persino gli psichiatri, sono solo esseri umani, dopotutto. Come chiunque altro, anche noi ci portiamo nello studio la nostra intera vita per poi riportarci a casa la sera ciò a cui assistiamo sul lavoro.” 




Come una tempesta, tutto questo sembra far nascere in Frank quella voglia di infrangere tutte le regole e per una volta seguire il proprio istinto. Il suo lavoro sembra strappare Miranda dalla sua apatia e, dopo tanto tempo, sembra vedere un barlume di speranza nella sua vita imprigionata. In poco tempo, tra Frank e Miranda sembra ritornare un sentimento forse mai dimenticato. Entrambi prigionieri di loro stessi, l’una fisicamente, l’altro sentimentalmente, dovranno trovare insieme la porta da cui uscirne… 


Avevo alte aspettative per questa storia che, alla fine, non mi ha dato nulla. Speravo di trovare un thriller più avvincente con colpi di scena da far rimanere con il fiato sospeso, e sicuramente, non un epilogo troppo veloce, sbrigativo e totalmente diverso. Per come l’ho vissuta io, la storia è un vero viaggio nella mente dei protagonisti, molto interessante sicuramente, perché mette in dubbio la solidità dei rapporti e dei legami che le persone instaurano. Forse a peccare è la narrazione, che rimane pesante e lenta, rendendo la lettura difficile e richiedendo un certo livello di concentrazione. Anche il fatto di alternare i ricordi passati con il presente e a volte la difficile comprensione dove finisse l’uno e iniziasse l’altro, mi ha costretto a rileggere più volte alcuni passaggi. Ho avuto davvero difficoltà a capire la dinamica della storia, perché forse mi aspettavo un qualcosa legato di più alla loro storia d’amore, piuttosto che l’analisi dettagliata delle vite di Frank e Miranda. Forse di thriller ha un po’ poco, perché prevarica di più l’aspetto psicologico e credo possa essere un lettura più apprezzata per chi ama proprio la psicologia. Un romanzo troppo introspettivo per essere un thriller, che non ti fa nemmeno immedesimare con i protagonisti nonostante sia scritto da pov alternati. Anche la scelta dell’autrice di alternare la narrazione in prima persona, in questo caso di Frank, e in terza persona quello di Miranda, non è stata secondo me una scelta appropriata.

Ecco, sono rimasta davvero delusa, perché non mi ha tenuta incollata alle pagine e non ho trovato suspence. E’ un thriller angosciante, che gira prettamente intorno alle vicende personali dei protagonisti, piuttosto che sull’azione che ti prende per la gola, soffocandoti. Non ci sono grossi enigmi da sbrogliare, perché già all’inizio Frank ci dice che è successo qualcosa e questo rende la storia già meno interessante. 
Io sono del parere che non mi posso annoiare durante la lettura di un thriller, perché ci deve essere adrenalina, devi sentire i brividi, devi poter leggere con un occhio chiuso e l'altro mezzo aperto per paura di scoprire la verità. 

Se consigliare questo libro? Sinceramente non saprei. Per chi ama i thriller avvincenti, pieni di suspense e con la voglia di scoprire gli indizi, vi dico assolutamente di non leggerlo. Se invece amate i thriller lenti e siete abili nel ricordare nomi, date e una bella dose di psicologia introspettiva, allora leggetelo sicuramente. 







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