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mercoledì 5 giugno 2019

Recensione "Absence. La memoria che resta" di Chiara Panzuti, #3 Absence



Carissimi lettori,

oggi Anna ci parla di "Absence. La memoria che resta", terzo e ultimo capitolo della trilogia young adult di Chiara Panzuti, uscito lo scorso 9 maggio per la collana LainYa della Fazi editore
Absence è la storia di quattro ragazzi che affrontano la battaglia più grande: diventare adulti in un mondo che li ignora, cercando di definire se stessi. Venite a scoprire cosa ne pensa Anna...


Titolo: Absence. La memoria che resta
Autrice: Chiara Panzuti
Editore: Fazi Editore
Genere: Young Adult, Paranormal Fantasy
Uscita: 9 maggio
Pagine: 300
Serie: Absence #3



Faith Meyers è diventata invisibile. Un’organizzazione sconosciuta le ha somministrato un siero che l’ha fatta scomparire agli occhi del mondo e dalla memoria dei suoi cari. Insieme a Jared, Scott e Christabel, vittime come lei della stessa sorte, la ragazza è stata coinvolta in un esperimento di cui non conosce le regole né lo scopo. Unici indizi: i biglietti di uno sconosciuto vestito di nero, il solo in grado di vederli, che conduce Faith e i suoi compagni, con altri due gruppi di ragazzi, ai quattro angoli del pianeta, alla ricerca dell’antidoto che permetterà ai migliori di loro di tornare visibili. Nel volume conclusivo della trilogia, tutti i tasselli andranno finalmente a posto componendo il disegno crudele di un uomo ossessionato dal proprio passato e divorato dal desiderio di vendetta. Tornare visibili è davvero essenziale per realizzare se stessi? Fino a che punto il giudizio degli altri determina la nostra esistenza? La memoria che resta è l’ultimo capitolo di un percorso di crescita personale, che dallo smarrimento dell’infanzia, dalla rabbia dell’adolescenza, approda finalmente alla consapevolezza dell’età adulta. Un finale inaspettato dove l’obiettivo non è più tornare ciò che si era, ma accettare ciò che si è diventati.



TRILOGIA ABSENCE:
  1. Absence. Il gioco dei quattro RECENSIONE
  2. Absence. L'altro volto del cielo RECENSIONE
  3. Absence. La memoria che resta








La storia ha inizio esattamente nel punto in cui l’avevamo lasciata, con Faith che è riuscita a tornare dalla sua squadra. Ovviamente, così com’è stato già anticipato nella recensione precedente, dopo essere stata rapita, la Faith che torna è cambiata, è molto più agguerrita e questo fa in modo che gli altri componenti della squadra ne siano spaventati. In particolar modo Jared e Christabel sembrano aver completamente perso tutta la fiducia che riponevano in lei; l’unico che sembra voler provare a comprendere la situazione è Scott, ma ciò non basta per ridurre il clima di spavento e di ansia che vivono. Quindi, per evitare uno stato di agitazione perenne che non farebbe altro che velocizzare il processo di logoramento mentale dovuto dal siero, Faith decide di seguire le istruzioni indicate sulla mappa che le ha dato Ephraim e raggiungere la squadra Alpha. Nonostante abbia preso questa decisione solo per la salvaguardia della sua “famiglia”, una volta arrivata tra i nuovi compagni di squadra, Faith inizierà a comprendere e rispettare il loro comportamento. 





Conoscerà Davon non solo come l’uomo in nero, ma come una figura quasi paterna per i ragazzi della nuova squadra e soprattutto proprio grazie a loro, viene a conoscenza di informazioni importanti di cui fino a quel momento era all’oscuro. Queste nuove informazioni però, cambiano tutte le carte in tavola e nonostante le permettano di delineare un piano per salvare tutti quelli a cui tiene, hanno reso tutto più complesso e pericoloso.

Se prima ero il suo Nord, ora ero solo un elemento di disturbo, qualcosa che intensificava l’NH1, come se la frattura creata da Bintan fosse stata la spinta verso un baratro senza fondo.


Anche questo libro è quasi interamente narrato dal punto di vista di Faith, il che non mi è dispiaciuto affatto; come sempre sono riuscita ad immedesimarmi e ad amare ogni cambiamento di Faith ma anche di tutti gli altri protagonisti della storia. Quest’ultima è un susseguirsi di azioni e colpi di scena che non mi hanno fatto alzare facilmente gli occhi dal libro, vengono esplorati nuovi paesaggi descritti davvero bene e nascono nuove relazioni con personaggi che mai avrei pensato di comprendere. Ho infatti avuto la possibilità di rivalutare completamente Abigail, di innamorarmi perdutamente di Ephraim e a tratti di odiare Jared.






Voglio dire ancora poche cose e spoilerare il meno possibile, perché credo fermamente che se avete letto i primi due libri, dovreste iniziare questo il prima possibile, senza nemmeno leggere la trama e vi prometto che Chiara non vi deluderà nemmeno questa volta, anzi vi sorprenderà. Vi anticipo anche che probabilmente subito dopo averlo finito avrete una voglia matta di chiamarla per chiederle cosa le è passato per la testa o maledirla per tutte le lacrime che verserete, ma se poi vi fermerete a pensarci, vedrete che non poteva esserci un finale migliore per questa serie.
È stata una trilogia che mi ha incuriosita sin dal primo libro, è riuscita a farmi amare tutti i personaggi, in primis Faith ovviamente, ma anche Scott ed Ephraim, ed è riuscita a farmi provare un’enorme vastità di emozioni… mi ha fatta commuovere, arrabbiare e persino piangere (tanto). Tutti i finali delle serie che mi piacciono mi lasciano sempre un po' con l’amaro in bocca perché sono consapevole di non poter più leggere delle avventure dei protagonisti, ma questa storia in particolare e questo finale soprattutto, mi hanno lasciata con un vuoto bello grosso paragonabile a poche altre serie lette fino ad oggi.

Ero pronta. Pronta per l’ultima prova, che altro non era se non una goffa imitazione della vita: andare avanti, nella consapevolezza di essere soli con noi stessi; visibili, senza bisogno di conferme da parte dell’esterno, reali e veri in ogni nostra imperfezione.


Concluderei dicendo che questo capitolo non fa altro che raccontare la parte finale della ricerca di se stessi che tutti i protagonisti hanno iniziato nel primo libro; ognuno lotta per se stesso e per la propria famiglia nel disperato tentativo di definire e realizzarsi. Tutti i capitoli hanno toccato temi profondi, temi di cui si parla poco ma che hanno tantissima importanza dal mio punto di vista e tutti mi hanno lasciato qualcosa, mi hanno permesso di riflettere e guardare il problema da tutti i punti di vista. Per questo motivo, ho deciso di concludere questa recensione con due quesiti che nascono dalla lettura di quest’ultimo libro e che mi hanno permesso di pensare.

Fino a che punto l’invisibilità può incidere sulla propria persona? Fino a che punto l’essere riconosciuti dagli altri determina la nostra esistenza?




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