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lunedì 14 luglio 2025

Recensione "Finché saremo fiori sul fiume" di Karissa Chen

 


Cari amici lettori,

oggi vi parlo di FINCHÉ SAREMO FIORI SUL FIUME, romanzo d'esordio di Karissa Chen, uscito il 24 giugno per Garzanti, che ringrazio per avermi inviato una copia cartacea. Un libro  profondo e struggente che si snoda lungo decenni di storia, tra rivoluzioni, separazioni e migrazioni, attraverso gli occhi di due anime legate da un amore nato nell'infanzia e mai davvero spento. Un romanzo che parla di casa, di identità, e di quanto sia difficile lasciarsi alle spalle ciò che ci ha formati.

Preparatevi a un viaggio emozionante tra Shanghai, Hong Kong e Los Angeles, alla scoperta di ciò che resta quando tutto cambia.



Titolo: Finchè saremo fiori sul fiume
Autrice: Karissa Chen
Editore: Garzanti
Genere: Historical romance
Uscita: 24 giugno
Pagine: 464


Shanghai, anni Trenta. Il suono dolce di un violino si insinua tra le strade affollate. Le sue note si mischiano al profumo di spezie e all’odore di carbone che pervadono la città. Una bambina, Suchi, si ferma ad ascoltare. Quelle note sembrano entrarle dritte nel cuore. A suonarle è un bambino dagli occhi scuri e lo sguardo serio. Il suo nome è Haiwen ed è appena arrivato insieme alla sua famiglia. Suchi e Haiwen si trovano. Riconoscono l’una nell’altro qualcosa di prezioso. Capiscono che tra loro c’è un’amicizia che bisogna difendere a tutti i costi. Anche se sono così diversi. Suchi è figlia di un libraio patriota e sovversivo. Haiwen è cresciuto lontano da lì, in un mare di agiatezze. Eppure, diventano inseparabili. Condividono quello che è più importante: i sogni. Crescono insieme tra i morsi della fame e la paura dei bombardamenti. E, pian piano, tra loro nasce qualcosa di più. Ma l’amore, in tempi di guerra, è un lusso che non tutti possono permettersi. Mentre la Cina è divisa tra comunisti e nazionalisti, Haiwen è costretto ad arruolarsi nell’esercito. Deve abbandonare tutto. Anche Suchi. Le lascia, però, una lettera, il suo violino e la promessa di tornare. Ma la vita ha in serbo per loro altri piani. Il destino sembra volerli tenere distanti per sempre. Lui rimane bloccato a Taiwan. Lei si rifugia a Hong Kong, ma ormai la guerra le ha tolto l’innocenza. Eppure, il sentimento profondo che li lega permetterà loro di rincontrarsi. Perché c’è una musica che non conosce i limiti del tempo e dello spazio. La melodia che li ha uniti da bambini non ha mai smesso di risuonare nei loro cuori.



Ci sono romanzi che raccontano una storia d’amore. Altri che raccontano la guerra, la famiglia, l’esilio. E poi ci sono quei libri rari che riescono a fare tutto questo insieme, con grazia, profondità e coraggio. Finché saremo fiori sul fiume è un’epopea che tocca davvero cuore e anima.
Certo, ci sono la guerra, la fame, l’esilio, ma al centro del libro ci sono due anime: Suchi e Haiwen.

Siamo nella Shanghai degli anni Trenta, in una Cina sull’orlo del caos, spaccata tra ideali, rivoluzioni e guerre civili. Tutto comincia con un violino e il suono di una melodia malinconica che unisce, in un giorno qualunque, due bambini molto diversi tra loro: Suchi, figlia di un libraio patriota e sovversivo, e Haiwen, appena arrivato in città con la famiglia benestante. Il loro primo incontro ha la delicatezza di qualcosa che ancora non sa quanto diventerà importante. Inizialmente è solo un'amicizia, tenera, pura, ma destinata a crescere insieme a loro, a trasformarsi in un amore profondo, nonostante le barriere sociali, il caos politico e il destino che sembra volerli separare a ogni costo.




Quando la guerra esplode in tutta la sua violenza, le vite di Suchi e Haiwen vengono stravolte. Lui si arruola nell’esercito nazionalista, senza avvertire nessuno, portando con sé una promessa e una colpa. Lei fugge con la madre a Hong Kong. Ma le loro anime restano collegate: attraverso il ricordo, una lettera, il suono del violino lasciato in eredità, e una promessa sussurrata tra le pagine del tempo.

Il tempo li separa per sessant’anni. E poi li riunisce, a Los Angeles, nel 2008. Suchi è ormai nonna, emigrata negli Stati Uniti per aiutare la figlia con i bambini. Haiwen, vedovo e solo, vive con il peso dei ricordi. Ma quando si rincontrano, qualcosa si riaccende. Non la nostalgia — troppo fragile — ma qualcosa di più profondo: il senso di “casa”.
È questa l’essenza del romanzo. La casa non è un edificio o una città. È un ricordo. Un profumo. Un nome. Un amore che non muore.


Quello che colpisce di più di questo romanzo è l’intensità dei suoi personaggi. Suchi è una bambina vivace, curiosa, con la testa piena di libri e di ideali, cresciuta tra le parole del padre e le ingiustizie del mondo che le piovono addosso. Haiwen, invece, è più riservato, quasi fragile all’inizio, ma la guerra lo costringe a diventare uomo troppo presto.
Entrambi portano sulle spalle il peso di scelte più grandi di loro, e il modo in cui l’autrice ne racconta la crescita, la trasformazione e le ferite li rende estremamente reali. Non sono eroi, sono anime divise tra amore e dovere, tra sogni e realtà.

"Non dobbiamo per forza guardarci indietro, non significa che non possiamo rivendicare ciò che abbiamo perso o chi eravamo."

Karissa Chen gioca con il tempo in modo sorprendente e raffinato. I capitoli alternano i punti di vista di Suchi e Haiwen, ma in modo speculare: la narrazione di Suchi procede in avanti, seguendo le tappe della sua vita dalla giovinezza alla vecchiaia; quella di Haiwen, invece, va a ritroso, partendo dal 2008 e tornando indietro fino al ragazzo che è stato.
Questo espediente non è solo originale, ma profondamente significativo: Suchi è diventata dura, guarda solo avanti, ha imparato a non voltarsi indietro. Haiwen, invece, si aggrappa ai ricordi come ad un’àncora, cerca nel passato le tracce di ciò che ha perso. Entrambi, in modo diverso, sono sopravvissuti alla Storia. Ma nessuno dei due è uscito indenne.


"Suchi era un ricordo che a volte gli appariva più reale della realtà, il cammino che non aveva imboccato, il rimpianto con cui non riusciva a riconciliarsi."


Il libro attraversa Shanghai, Taiwan, Hong Kong, e infine gli Stati Uniti. L’ambientazione è uno dei grandi punti di forza del libro. Karissa Chen non si limita a descriverli, ce li fa vivere. Si sente l’odore del carbone bruciato, delle spezie nei mercati, si avverte la tensione politica che si insinua nelle strade. Ogni luogo ha un'anima, ogni città racconta un pezzo della storia dei protagonisti.
Ovunque vadano, Suchi e Haiwen portano con sé una nostalgia che non li lascia mai. La scrittura riesce a rendere tangibile quel senso di “casa fantasma” che accompagna ogni migrante: la sensazione di appartenere a un luogo che non esiste più, o che non esiste mai stato davvero.

Il dolore dell’esilio non è solo geografico, ma identitario. Suchi diventa Soukei a Hong Kong, costretta da un marito violento a cambiare nome e lingua. Haiwen diventa Howard in California, per rendersi “pronunciabile” agli americani. Ma con il cambio di nome, si perde un pezzo di sé. Eppure, come la musica che li ha uniti da bambini, qualcosa resiste. Qualcosa di intimo, segreto, indistruttibile.
La musica è un simbolo potente in questo romanzo. Il violino, la melodia che ritorna nei momenti più intensi. È il filo conduttore che cuce le epoche, le città, le vite. È il modo in cui i protagonisti si riconoscono, anche quando tutto il resto cambia. E nel dolore — perché Finché saremo fiori sul fiume è anche una storia di perdite, di assenze — c’è una tenerezza che spezza il cuore.
Una melodia malinconica che accompagna il lettore fino all’ultima pagina. Un tono che riesce a essere delicato e potente allo stesso tempo.


L’autrice non ha paura di scavare nel trauma, di mostrare le ferite della guerra, della violenza domestica, della migrazione forzata. Ma lo fa con uno sguardo umano, mai pietoso. I personaggi non sono vittime, ma sopravvissuti. E anche nei momenti più duri, la sua scrittura sa accarezzare. Le emozioni non vengono urlate: sono sussurrate e lasciano il segno.

Karissa Chen ha scritto un libro profondo e intimo. È una storia che parla a tutti quelli che si sono sentiti fuori posto, che hanno perso qualcosa lungo la strada, che portano dentro una nostalgia difficile da spiegare. È un libro che parla di famiglia, di memoria, di ciò che resta anche quando tutto è cambiato.









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