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venerdì 7 giugno 2019

Recensione "La cacciatrice di storie perdute" di Sejal Badani



Cari amici lettori,

oggi Noemi ci parla del libro "La cacciatrice di storie perdute" 
di Sejal Badani, uscito ieri 6 giugno per Newton Compton editori. Dalle parole delle nostra Noemi: "Un romanzo tenero, una storia di amicizia sincera, leale, vera, la storia che ci parla dell’amore quello vero in tutte le sue sfacettature, di emancipazione e voglia di riscatto…" 
Buona lettura!




Titolo: La cacciatrice di storie perdute
Autrice: Sejal Badani
Editore: Newton Compton editori
Genere: Narrativa contemporanea
Uscita: 6 giugno
Pagine: 448



Jaya ha il cuore spezzato. Ha tentato a lungo di avere un bambino, ma dopo la terza gravidanza interrotta sta cominciando a perdere le speranze. Anche il suo matrimonio inizia a sfaldarsi e così, nel disperato tentativo di ritrovare sé stessa, decide di allontanarsi da New York per riavvicinarsi alle sue origini indiane. Non appena Jaya arriva in India viene immediatamente sopraffatta dai colori, dai profumi e dai suoni. Ogni cosa ha un fascino esotico, per lei, e ben presto il desiderio di riscoprire la cultura della sua famiglia prende il sopravvento. Ma ci sono segreti del passato a lungo taciuti che hanno il potere di influire sulle generazioni a venire. E così Jaya viene a conoscenza della storia di sua nonna e di un amore clandestino che è destinato a cambiare per sempre la sua vita. Solo dopo aver scoperto il coraggio e l’inarrestabile spirito di resilienza che hanno caratterizzato le donne della sua famiglia, infatti, Jaya si accorgerà di avere dentro di sé una forza che non avrebbe mai potuto immaginare di possedere.









Fin da piccolissime noi donne guardando le nostre mamme, desideriamo diventare come loro, desideriamo diventare madri. Riempiamo la casa di bambole e bambolotti che culliamo e accudiamo come la nostra mamma fa con noi, come la madre fa con un figlio. È un desiderio potente che non sentiamo tutte allo stesso modo: chi di più, chi di meno e chi niente.

Jaya è una Reporter, e da quando si è sposata con Patrick, il desiderio di diventare mamma è ritornato prepotentemente. Ma alla terza gravidanza che non riesce a portare a termine, qualcosa dentro di lei si spezza definitivamente e anche il suo matrimonio sembra andare in frantumi, perde se stessa e ovunque andasse o cercasse, non trovava via d’uscita dal dolore, dolore che si insinua, ti entra dento e si deposita in quel grembo ormai vuoto.





Grazie a suo padre, Jaya scopre una lettera, che rende sua madre triste e ancora più distante; a scriverla è uno dei suoi zii che comunica alla madre che il loro padre sta morendo e chiede di loro e in particolare di lei, ma Jaya lo sa che non ci andranno, né loro né sua madre Lena.

Così Jaya scossa dal dolore, decide di ancorarsi alle sue radici e allontanarsi da quel presente troppo buio, partendo per l’India, la città natale dei suoi genitori; forse spinta anche dal desiderio di cercare la verità su sua madre: perché è così distante con Jaya? Perché non parla della sua infanzia in India? Ma soprattutto, perché gli è precluso tornare lì? Questi sono gli interrogativi che sia Jaya che il lettore si pongono.





All’arrivo in India di Jaya, suo nonno Deepak è già morto, ma in compenso conosce Ravi e il suo cane Rookie.

Ravi è un uomo gentile, dal cuore grande ma è anche un intoccabile, fa parte di una delle caste più povere del villaggio e per questo in passato a Ravi e a quelli come lui veniva riservato un trattamento peggiore di quello riservato alle bestie. Ravi è un servo e in particolare era stato il servo di Amisha, la nonna di Jaya, che l’aveva accolto in casa sua.

Da qui parte il racconto che Ravi ha tenuto segreto per tanti anni e che soltanto ora può confidare a Jaya, che ci porta nell’India del 1930 – 1940, dominata dall’Impero Britannico e ci racconta la storia di Amisha.




Amisha era poco più che una ragazzina quando sposò Deepak, era poco più di una ragazzina quando accolse in casa sua un intoccabile trattandolo come il suo migliore amico quando rimanevano soli.

Amisha scriveva storie e andando contro le convinzioni dell’India del tempo iniziò a lavorare per la scuola dell’Impero, sperando di imparare l’inglese.

È un luogo tenente britannico, Stephen, ad aiutarla, a credere in lei, a trattarla come una pari e ben presto i due diventano amici e di lì a poco forse anche qualcos’altro…

Ho adorato tutti i personaggi e la struttura, l’alternarsi tra la storia di Jaya e la storia di Amisha, questo alternarsi tra presente e passato, come a suggerire che il passato torna sotto forma di ricordi, ricordi capaci di plasmare e trasformare il presente delle nuove generazioni.

La trama è più che valida, anche se a volte sembrano mancare dettagli, ma soprattutto ho trovato validissimo il modo in cui l’autrice ci descrive l’India presente e passata; un India fatta di profumi e colori, fatta di povertà ma anche di tanta speranza.

Ho sempre adorato le culture orientali, e in particolare l’India e la Turchia; un giorno mi piacerebbe andarci e questo libro ha solo accresciuto il mio desiderio portandomi per qualche ora là.

Ho sentito dire anche che questo bellissimo romanzo viene paragonato a Mangia, Prega e Ama di Elizabeth Gilbert e anche io non posso fare altro che confermare, ci sono molte similitudini. Un romanzo tenero, una storia di amicizia sincera, leale, vera, la storia che ci parla dell’amore quello vero in tutte le sue sfaccettature, di emancipazione e voglia di riscatto…





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