Cari amici lettori,
oggi vi parlo di COTTON ISLAND. Il nostro splendido posto maledetto di L.F.Koraline, uscito l’11 luglio per Newton Compton editore. Un’isola maledetta, due anime spezzate e un mistero sepolto da dieci anni. Un viaggio tra suspense e passione che ti cattura dalla prima all’ultima pagina. Nella mia recensione vi porto tra segreti, colpi di scena e un amore capace di sopravvivere all’oscurità.
Titolo: Cotton Island. Il nostro splendido posto maledetto
Autrice: L.F Koraline
Editore: Newton Compton Editori
Genere: Dark romance
Uscita: 11 luglio
Pagine: 416
Quando ho iniziato Cotton Island non mi aspettavo che potesse travolgermi così a fondo. Credevo di avere tra le mani un romanzo di suspense con una forte componente romantica, ma quello che ho trovato è stato molto di più: un viaggio nei meandri delle emozioni umane, tra dolore, perdita, paura, ma anche speranza, rinascita e amore.
Durante la lettura ho provato sensazioni contrastanti: la paura che serpeggiava in ogni angolo dell’isola, la tenerezza che trapelava nei gesti più piccoli, il tormento dei personaggi che sembrava riflettersi dentro di me. È uno di quei libri che ti fanno dimenticare dove sei, che ti catturano al punto da farti “vivere” la storia anziché semplicemente leggerla.
La protagonista, Rosalie, è una giovane donna in fuga da Miguel, un compagno violento e ossessivo che le ha tolto ogni senso di libertà. Con pochi soldi in tasca e il terrore alle calcagna, cerca rifugio in un vecchio motel, dove si imbatte in un oggetto che cambierà il corso della sua vita: una valigia dimenticata. Al suo interno trova una lettera, un diario e un biglietto di sola andata per Cotton Island, un luogo di cui non ha mai sentito parlare. La lettera è indirizzata a Lilibeth Bowl, una donna che non conosce, ma in quel momento Rosalie comprende che quell’occasione potrebbe essere la sua unica via di fuga.
Senza sapere esattamente cosa l’aspetta, decide di impersonare Lilibeth e salire su quel traghetto verso un’isola misteriosa e dimenticata, isolata dal resto del mondo e avvolta da un’aura di segreti. Lì incontra Zeke Parker, l’erede della potente famiglia Parker e unico padrone dell’isola. Zeke è tornato per un motivo preciso: scoprire la verità sulla morte della sorella Emily, avvenuta dieci anni prima in circostanze mai chiarite. Per farlo, ha convocato tutti i 573 ex abitanti dell’isola, certo che tra loro si nasconda l’assassino.
L’arrivo di Rosalie, non previsto nei suoi piani, getta un’ombra di incertezza e sospetto. Chi è veramente questa ragazza che dice di essere Lilibeth? Perché è lì? La sua presenza, inizialmente vista come una minaccia, diventa presto un elemento dirompente che sconvolge l’equilibrio emotivo di Zeke.
Mentre l’indagine procede tra interrogatori serrati, sguardi sfuggenti e silenzi carichi di sottintesi, l’atmosfera sull’isola si fa via via più opprimente. I pericoli, inizialmente nascosti nell’ombra, cominciano a manifestarsi in forme sempre più tangibili: ombre che si allungano nei vicoli al calar della sera, voci spezzate dal vento che giungono da luoghi in cui non dovrebbe esserci nessuno, e improvvise sparizioni che alimentano il sospetto e la paura. La verità sembra farsi più vicina a ogni passo, come se fosse a portata di mano, ma ogni nuova scoperta finisce per dischiudere porte verso altri misteri, altre menzogne, altre ferite mai cicatrizzate.
In questo clima di diffidenza, dove ogni parola può diventare un’arma e ogni sorriso può celare un inganno, tra Rosalie e Zeke inizia a crescere un legame inatteso. Non è un sentimento nato dalla leggerezza, ma dalla consapevolezza profonda di essere due anime spezzate, due viaggiatori intrappolati nella stessa tempesta. Entrambi portano cicatrici invisibili che li tengono svegli nelle ore più buie della notte; entrambi combattono contro un passato che non smette di bussare alla porta della loro mente; ed entrambi, forse, vedono nell’altro un riflesso di sé, una fragile possibilità di redenzione. Quel legame non è fatto di promesse, ma di silenzi condivisi, di sguardi che si cercano anche quando tutto intorno sembra franare, di gesti minimi che, in un luogo così ostile, valgono più di mille parole. E nella tensione crescente, quella connessione diventa non solo un’ancora emotiva, ma forse l’unica speranza di sopravvivere a ciò che sta per arrivare."Riempie gli spazi vuoti, insinuandosi fra le crepe dei miei pensieri cupi."
Rosalie è un personaggio che incarna la vulnerabilità e la resilienza insieme. All’inizio la conosciamo come una ragazza spezzata, con il cuore ferito da una relazione tossica. Non ha certezze, non ha un futuro, eppure dimostra una sorprendente capacità di sopravvivere. Assumere l’identità di Lilibeth non è solo un gesto disperato, ma anche un atto simbolico: Rosalie sceglie di rinascere, di abbandonare la vecchia sé stessa per diventare qualcun altro. E proprio questa metamorfosi le permette di scoprire chi è davvero.
L’ho sentita molto vicina: nelle sue paure, nei suoi dubbi, ma anche nella forza che cresce pagina dopo pagina. Rosalie non è una “eroina perfetta”, e forse è proprio questo che la rende tanto reale e amata dal lettore.
Zeke è un personaggio enigmatico, complesso, che vive costantemente in bilico tra razionalità e dolore. La sua vita è stata spezzata dalla morte della sorella, e da allora ha incanalato ogni energia in un piano meticoloso per scoprire la verità. All’apparenza freddo, quasi impenetrabile, Zeke è in realtà un uomo tormentato, che porta su di sé il peso del passato e il senso di colpa per non aver protetto Emily.
Quello che mi ha colpita è la sua evoluzione: da uomo “di ghiaccio”, concentrato solo sulla vendetta, diventa qualcuno capace di amare, di lasciarsi sorprendere e scardinare da Rosalie. Lei rappresenta la crepa nella sua corazza, il raggio di luce che filtra nel buio.
Miguel è l’antagonista fuori campo: la violenza e il possesso che lo caratterizzano continuano a influenzare Rosalie anche a distanza. Nonostante compaia poco, la sua ombra è sempre presente: è il passato che Rosalie tenta di lasciarsi alle spalle, ma che rischia di riaffacciarsi a ogni passo.
Lo stile di Koraline è immediato, coinvolgente e visivo. Scrive al presente e in prima persona, alternando i POV, così che entriamo direttamente nelle menti di Rosalie e Zeke. Questa scelta rende la tensione costante: non siamo spettatori, ma compagni di viaggio nelle loro emozioni.
Le descrizioni dell’isola sono suggestive: i campi di cotone, le case vuote, l’atmosfera sospesa tra bellezza e maledizione. L’isola diventa un personaggio vero e proprio, un luogo che custodisce i segreti e allo stesso tempo li rivela lentamente.
Ho apprezzato molto anche il modo in cui Koraline riesce a fondere generi diversi: il thriller con i suoi colpi di scena, il romance con l’intensità del legame tra i protagonisti, e la suspense psicologica che tiene sempre il fiato sospeso.
Il percorso di Rosalie è particolarmente emblematico: nel momento in cui decide di diventare Lilibeth, non sta solo fuggendo, ma sta compiendo un atto di ricostruzione. Indossare un’altra identità le permette di allontanarsi dal dolore e, paradossalmente, di avvicinarsi alla sua vera natura. Il romanzo suggerisce che, a volte, solo nascondendosi dietro una maschera possiamo trovare il coraggio di guardare in faccia chi siamo davvero.
L’isola stessa, con le sue atmosfere sospese e le sue ombre, diventa un grande palcoscenico di segreti. Ogni abitante convocato da Zeke ha qualcosa da nascondere: menzogne, omissioni, verità distorte. E la verità, quando arriva, non si presenta mai in modo diretto. È un puzzle che il lettore ricompone poco a poco, scoprendo strati di inganni e rivelazioni che ribaltano continuamente le certezze.
In questo contesto di sospetto e inganno, il rapporto tra Zeke e Rosalie si sviluppa in modo naturale ma faticoso. Non nasce da un colpo di fulmine, bensì da una lenta e reciproca apertura. La diffidenza iniziale è comprensibile: entrambi hanno imparato a difendersi dal mondo. Ma proprio gli ostacoli, i fraintendimenti e le verità non dette rendono il loro legame più forte. L’amore, in Cotton Island, non è il classico lieto fine da favola: è un atto di resistenza, la scelta di aggrapparsi a qualcosa di luminoso anche quando intorno c’è solo oscurità.
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